Pagina:Lettere autografe Colombo.djvu/72

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quella che la interpreta e la compie, essendo l’immaginazione alle arti quello che alle scienze è l’ipotesi, la quale è rifiutata per illegittima, quando mutila i fatti o li violenta. Benchè tanto siasi detto e gridato, io credo che ancora non si comprenda davvero che poesia profonda non può stare senza verità, e l’epica poi cerca la verità suprema e l’intima armonia delle cose, verità ed armonia che il poeta non può inventare, e perciò non inettamente i Greci favoleggiavano che le Muse abitano i monti divini. Ben so d’alcuni che di queste sentenze si sdegnano e gridano: Venga il poeta e smentisca le profezie della critica! Ma già il poeta venne, e passò senza lasciarci un’epopea; venne Byron, venne Goethe vogliosi di tentare ogni forma dell’arte: ma all’epopea non pensarono: venne Walter-Scott e ci diè il romanzo storico che alcuni vorrebbero chiamare l’epopea in prosa. Ma non si creda; la quistione non è della forma, ma del fondo. Tra il romanzo di Walter-Scott e l’epopea d’Omero corre lo stesso divario che fra la tragedia d’Eschilo e il dramma di Dumas. Questo non va oltre il cerchio delle apparenze umane; l’altra vive in un’atmosfera divina, e quasi direi parla degli uomini per poter leggere in essi i segreti dell’Eterno.

Molti e grandi elementi di poesia risplendono intorno a Colombo: e se un’epopea fosse possibile ai dì nostri, niun argomento potrebbe anteporsi a questo. Ma sconforta l’esempio infelice di quelli che già lo tentarono, dei quali io qui ricorderò i meno oscuri. E primo il Ruscelli, notissimo poeta del XVII secolo: il quale pigliando la scoperta d’America come un terreno disoccupato, riempì una ventina di canti con battaglie, cavalieri erranti, amori e fattucchierie, e turbò la solenne quiete delle selve primitive e la semplicità delle infantili tribù del nuovo mondo col tram-