Pagina:Lettere e testimonianze dei ferrovieri caduti per la patria, 1921.djvu/39

Da Wikisource.

Quando faccio un’azione, in meno di 10 minuti con 6 pezzi lancio addosso ai reticolati e al nemico più di 370 chilogrammi di alto esplosivo e più di 750 chilogrammi di ferro, il quale gli arriva in tante piccole lamine che tagliano più di un rasoio. Ogni torpedine ha uno scoppio così forte che sembra un trecentocinque. Non ti puoi immaginare il fracasso che faccio in quei 10 minuti!.... Sono orgoglioso di comandare un reparto così utile alla nostra Patria L’unico pensiero che ho è per te, babbo e mamma, e poi il dovere che in questo momento la Patria mi richiede». Tornato all’Isonzo, il 15 Febbraio ’17, è chiamato ad abbandonare il comando della sezione per sostituire, in combattimento, un Capitano del 37, caduto. Tre giorni prima di immolare la sua giovinezza alla Patria, scrive ancora, sereno: 11 Febbraio ’17. «Non state in pensiero, perchè presto tornerò alla mia sezione, però triplicata: cioè comanderò una Batteria (tre sezioni); così, tutte le notti, mi divertirò a salutare i signori austriaci che, a quanto pare, avrebbero delle idee molto belle; ma col fante della nostra gloriosa Brigata c’è poco da fare, perchè li accogliamo come si deve, cioè fucili, bombe, torpedini, mitragliatrici e cannonate, ridendo come pazzi quando la mattina vediamo sparsi sul terreno diversi corpi di loro che faranno da concime a queste terre. Avanti di noi vi era un’altra Brigata che forse aveva paura dell’austriaco e si faceva ogni tanto mettere il piede su qualche parte, ma adesso è tutto l’opposto: davanti ai signori austriaci si trovano i gloriosi fanti della Brigata Ravenna: prima di retrocedere un passo bisogna che reggimenti intieri di austriaci si distruggano contro le loro armi».