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LEZIONE QUARTA
Ahi quanta a dir qual era è cosa dura |
Procedono i poeti, come noi dimostrammo ne’ nostri preambuli, nei lor poemi per via d’imitazione e di esempli, ingegnandosi di non persuadere manco con tali mezzi l’intenzione loro, che si faccino gli oratori con gli entimemi e con le persuasioni e coi colori rettorici. E perchè ei non si truova sempre esempli che sieno veri e sieno al proposito, egli è lor lecito fingerne de’ nuovi, e usare in luogo loro delle invenzioni e delle favole, non si appartenendo, come scrive il Filosofo nella Topica, a lo esempio come esempio l’esser più vero che falso, ma solamente ch’e’ serva e sia approposito a dimostrar l’intenzione e il concetto di colui che l’usa. Nè basta ancora a ’l poeta sapere trovare esempli, invenzioni, e fingere favole accomodate, ma bisogna ancor ch’ei sappia poi descriverle e narrarle, mescolando di maniera l’utile col dolce, come dice Orazio, che i suoi poemi non apportino a chi gli legge manco utile che diletto; onde tiri e muova gli animi degli uomini a esserne studiosi. Per il che, come quel pittore, il quale, oltre al saper disegnare, sa e meglio e con maggior grazia rappresentare co’ colori a gli occhi de’ ragguardanti quelle cose che ei vuole, è reputato maestro grandissimo ed eccellentissimo di tale arte, così ancora quel poeta, il quale, oltre al saper trovare, saprà narrare e descrivere tanto bene gli esempii, le invenzioni e le favole sue, ch’elle parranno vere, sarà tenuto ancora egli similmente grandissimo ed eccellentissimo poeta.