Pagina:Letturecommediagelli.djvu/107

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ne segue ancora per il contrario, ch’ei non sia cosa alcuna che paia lor più amara, nè che le dispiaccia più loro, che il perderlo. E se noi pensiamo ancor di poi quel che abbia voluto significare secondo l’opinion nostra il Poeta, io non credo certo che sia cosa alcuna più dura e difficile a dire, che quanto sia amara la confusione e la inquietudine1de l’animo di coloro, che vivono irrisoluti e senza fine, e conseguentemente senza speranza alcuna certa di bene, che quieti loro l’intelletto, e che fermi loro in qualche modo l’animo. Imperochè veggendo eglino tante varie opinioni ne’ filosofi e negli altri scrittori, tante diverse sorte di religioni nel mondo, tanto timor della divina iustizia ne’ popoli, tanti spaventi di future pene nel grido universale; e non avendo chi mostri loro con certezza a quel che e’ debbano volgere e applicare l’animo; camminon propiamente con quel sospetto e con quel timore, che fa una nave senza timone e senza bussola in un mare tempestosissimo e pericolosissimo, o un viandante carico di ricchezze e d’oro senza guida per un bosco pien di ladroni e d’assassini. Non è adunque maraviglia, se ricordandosi il nostro Poeta di tal confusione e travaglio d’animo, da poi ch’egli n’era uscito, si gli rinnovava una paura e un timore grandissimo. Ma perchè così come ei non è nutrimento nè cibo alcuno tanto cattivo, che uno uomo sano non lo converta in buoni umori (onde fu detto da Cornelio Celso, nel principio della sua Medicina, che l’uomo sano non debbe obbligarsi a legge alcuna, e fra i medici è proverbio, cbe a’ sani son tutte le cose sane), così non è ancora similmente cosa alcuna tanto malvagia e tanto ria, che uno uomo buono non ne cavi qualche bene; per il che usavan dire gli stoici, che i sapienti eran sempre felici in qualuche stato e’ fussero posti da la fortuna. Il nostro Dante, il quale era parimento e buono e savio, ricordandosi ancora oltre a di questo del comandamento il quale aveva fatto Dio per la bocca di Moses, quando egli gli cavò della servitù d’Egitto, agli Ebrei, che togliessero le più preziose cose che avevan gli Egizii, e portassinle con loro per servirsene

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  1. Ediz. Inquietitutdine.