Pagina:Letturecommediagelli.djvu/136

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contentando, come scrive il dottissimo e santissimo Damasceno, della sola contemplazione di sè stesso, gli piacque per la superabbondanza della sua bontade fare alcune cose, a le quali ei potesse far parte di quella; e queste sono tutte le creature di questo universo, chiamate da ’l Poeta belle, e per la perfezione la quale si ritrova in ciascuna, conveniente a la natura sua, e per l’ordine maraviglioso, il quale è infra di loro. La qual cosa volendo egli esprimere, come è suo costume, con dottrina e con arte, dice: mosse, e non fece o creò, dimostrando con tali parole perfettissimamente la natura di tutte le cose naturali. Conciosia che in tutte si ritrovi, secondo che scrive il Filosofo nella Fisica, un principio di moto, chiamato da lui natura, mediante il quale elle hanno l’essere, acquistono la perfezione di quello, e mantengonsi ciascuna quel tanto del tempo che si conviene a la natura sua. Imperò che mancando in loro esso moto ed essa natura, manca loro ancor similmente, insieme con quello, lo essere. Per la qual cagione, essendo il medesimo avere il moto naturale e aver l’essere, fu cosa molto conveniente che il Poeta, in cambio di dire creò o fece quelle, dicesse mosse; cioè diede loro il moto, e conseguentemente lo essere. O veramente intenderemo, ch’ei le movesse, come fine e cosa desiderata e appetita da tutte; il che avvenne loro subitamente ch’elle ebbero l’essere e furono create da lui. Conciosia che ciascuna cosa, subito che ella è, sia mossa da un certo istinto e propietà naturale a desiderare e amare esso essere, e conseguentemente ad amare e desiderare Dio, il quale è il primo ente, e la cagione che ciascuna cosa è. E questo è quel che volse inferire Aristotile, quando ei disse nel fine del primo libro della Fisica: egli è un certo che ottimo e divino nella natura, il quale è desiderato e appetito da tutti gli enti. Da queste due ragioni adunque, cioè da l’essere la stagione nella quale lo amor divino creò il mondo, e da l’ora del mattino nella quale egli era, cominciando appunto allora, come dice il testo, i raggi del sole a illuminare la cima di quel colle (sapendo il Poeta, che quella era l’ora nella quale e la vecchia e la nuova Legge ha ordinato che ciascuno renda grazie a Dio; per il che egli è con-