altro che perfezione di propia natura, e ch’ella si piglia e cava da la perfezione di quella cosa la quale si dice essere nobile, come per il contrario la viltà da la imperfezione di quella che si dice esser vile. E però si dice una nobile spada, un nobile cavallo, un nobile falcone e una nobile margarita, quando ciascuna di queste cose è buona, e opera bene e perfettamente secondo che si conviene a la natura sua; e chi dicesse, soggiugne il Poeta, che questa voce nobilità si piglia nelle altre cose per la bontà e perfezione loro, e negli uomini per l’antichità della stiatta o per la possessione d’avere, piglierebbe tal voce in uno significato tanto contro a la ragione, e tanto fondato in su la presunzione, ch’ei non sarebbe da tenere altro conto delle sue parole, che delle voci degli animali che mancano della ragione. E questa è l’opinione del Poeta in quel luogo; da la quale sentenza séguita, ch’ella non si possa cavare, in quelle cose le quali sono di una specie medesima, dai loro principii essenziali; imperò che tutte le cose d’una medesima specie hanno ancor similmente i medesimi principii essenziali. Conviene adunque cavarla dai loro effetti, e conoscerla mediante le loro operazioni, in quel propio modo che si conosce e si cava la bontà e la perfezione d’uno arbore dai suoi frutti; per il che sono chiamate in quel luogo da ’l Poeta le virtudi frutti della nobilità. Conoscendosi adunque la nobilità di ciascuna cosa da le sue operazioni, fu detto con gran ragione da il Poeta a la sua mente:
Qui si parrà la tua nobilitade. |
Conciosia che in questo suo poema si manifestino l’operazioni di quella, cioè i concetti e le speculazioni sue. Dove è da notare, che non volendo far la natura cosa alcuna in vano, e che non operi qualche cosa in conservazione e mantenimento di questo universo; e considerando che quelle cose, che giovassero operando solamente a loro stesse, si potrebbero chiamare inutili, e dire ch’elle fussero quasi state fatte da lei invano; non gli bastò che lo intelletto umano intendesse e speculasse solamente in sè stesso, ma volse ch’ei facesse ancor parte ad altri di esse sue intellezioni; per il che fu dato da lei a l’uomo la