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della crusca xix


esegesi della Divina Commedia progredisce dal verso 106 del Canto nono insino al termine del Canto undecimo dell’Inferno. Allora era Consolo dell’Accademia quel Francesco Cattani da Diacceto, che fu poi Vescovo di Fiesole; dotto teologo e terso scrittore, al quale è la italiana letteratura debitrice della pubblicazione di uno fra i migliori testi del secol d’oro della lingua, voglio dire dello Specchio della penitenza di Frate Jacopo Passavanti. Tanto la Lettura quinta quanto la precedente si pubblicarono, e sempre coi tipi del Torrentino, nel medesimo anno 1558, ma in due volumi separati.

Fra la quinta e la sesta Lettura intercede ancora il silenzio di un anno intero; giacchè la sesta non si fece nel 1559, ma nel 1560. Quale sia stata la cagione di quest’altro interrompimento, il Gelli non dice; nè io voglio pigliare la facile, ma pur troppo spesso ingannevole via delle congetture per indovinarla. Fatto è che la sesta Lettura, partita anch’essa in dieci lezioni, dal Canto duodecimo dell’Inferno sino al quindicesimo inclusive, ebbe luogo nell’anno 1560, essendo capo dell’Accademia Leonardo Tanci, legista e teologo. Il quale nello assumere il consolato disse del Gelli con molta verità, che l’Accademia gli doveva essere grandemente obbligata; poichè ne’ tempi suoi più difficili non altrove che in lui aveva trovato un sicuro porto da rifuggirsi. L’estate di quell’anno 1560 dev’essere stata più che non soglia cocente; giacchè incominciando nel 1561 la sua Lettura settima, dice il Gelli, che l’anno passato si era posto fine al leggere per causa de’ calori eccessivi. Questa Lettura settima nel consolato di Tommaso Ferrini continua con undici lezioni a spiegare l’Inferno sino alla fine del Canto diciannovesimo. E nello stesso anno 1561 s’impressero dal Torrentino gli ultimi due volumi delle Letture Gelliane, che sono appunto la sesta e la settima.