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ORAZIONE
FATTA
DA GIOVAN BATISTA GELLI
NELLA ACCADEMIA DI FIRENZE
SOPRA LA ESPOSIZIONE DI DANTE
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Se io avessi osservato meco quella legge e quel modo, Consolo meritissimo, Accademici virtuosissimi e voi altri uditori nobilissimi, che osservavano anticamente con chi voleva esercitarsi ne’ giuochi Olimpici quei prudentissimi giudici, i quali erano preposti dai Greci a tale ufficio, che non concedevano ad alcuno il campo, s’e’ non giudicavano prima che le forze sue e lo studio ch’egli aveva fatto in tale arte fosser tali, ch’e’ meritasse d’essere scritto nel numero [de] gli altri giudicatori, certa cosa è che io non avrei mai preso tanto ardire, che io fussi salito in questo onoratissimo luogo per favellare, nella presenzia di tanti giudiziosissimi spiriti, di qual si voglia minima e bassa cosa, non che oggi primieramente a lodare, per accendere gli animi vostri a lo studio di quella, e di poi, quando sarà il tempo, a esporre e interpretare la Comedia del non manco divino teologo ed ottimo filosofo, che bello e arguto poeta, Dante Alighieri, cittadino fiorentino, gloria e onore particolare di questa nobilissima ed illustrissima patria. Ma lo amore che io porto e ho portato sempre a così raro ed eccellente uomo, sì per la molta dottrina e virtù sua, e sì per essere stato egli la prima e principal cagione che io sappia quel tanto che io so (conciosia cosa che solamente il desiderio d’intendere gli alti e profondi concetti