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Pagina:Letturecommediagelli.djvu/58

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18 LETTURA PRIMA

metterlo al pari di Aristotele, il quale è ancora egli, come sa la maggior parte di voi, stato lodato, sopra a ciascun’altra cosa, sommamente de l’ordine, essendo stato egli il primo, che avendo trattato i filosofi, che erano stati innanzi a lui, delle cose che appartengono a diverse scienze confusamente ed insieme senza distinzione alcuna, che separò e distinse l’una da l’altra; e scrivendo delle cose sopra naturali ne’ libri della metafisica, delle naturali in quegli della fisica, del cielo, della generazione, delle meteore, dell’anima ne’ Parvi naturali, ne’ libri degli animali, delle morali nell’Etica, delle pubbliche nella Politica, e delle familiari nella Economica, dètte con maraviglioso ordine fine a la sua filosofia. Così il nostro Poeta, che avendo considerato questo bellissimo ordine di Aristotile, lo chiamò il maestro di coloro che sanno, fu ancora egli similmente il primo, che scrivesse con ordine e con misura dello Inferno. Imperochè dove tutti gli altri, mossi dal significato del nome, avevano pensato solamente a porlo sotto terra, ma senza misura alcuna e con pochissima distinzione, fingendo un luogo a piano o con pochissima scesa, senza dargli figura alcuna più sferica che quadra o triangolare, Dante lo ha finto e posto ancora egli, come si vedrà nella esposizione dove si ragionerà e del tutto e delle parti, per osservare il significato del nome, non solo sotto la terra, come loro, ma d’una figura tanto conveniente a quello, e con tanto ordine e tante misure verisimili e ingegnosissime, che tutti i geografi e matematici che l’hanno considerate sono restati non solamente sadisfatti, ma grandemente ammirati. Di maniera che se quello ingegnosissimo Arabo

Averois, che il gran comento feo,

vedesse la dottrina e l’ordine di questa opera di Dante, come egli vide quelle di Aristotile, egli direbbe senza alcun dubbio ancora di Dante come egli disse d’Aristotile, che e’ fusse più tosto cosa divina che umana, che si ritrovasse tanta dottrina e tanta virtù in uno individuo e in un uomo solo. Se noi consideriamo di poi ultimamente il frutto che si cava da questa sua opera, e la certezza che altrui ne ha, noi troveremo (parlando prima del frutto) essere tanto e tale, che noi