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coltà, perchè qua se ne son pensate molte, e tutte si sciolgono.

Quelle due lettere del Torricelli colle quali dà notizia al Ricci dell’esperienza dell’argentovivo, e scioglie le sue obbiezioni, furono già riportate dall’eruditissimo Carlo Dati in quella lettera, che per difesa del Torricelli, che era stato suo amico, e maestro, sotto nome di Timauro Anziate scrisse a i Filaleti, ma si son volute qui di nuovo riferire, affinche possano una volta restar persuasi, e convinti coloro, che mentovando questo ingegnosissimo esperimento, che è la base, ed il principio d’una gran parte della filosofia naturale, o tacciono il nome del suo vero ritrovatore, o se concedono l’esperienza per parto dell’ingegno del Torricelli, tentano poi destramente d’ascrivere a se stessi l’investigamento della ragione, la quale, come si raccoglie agevolmente da quelle lettere, fu da lui insieme coll’invenzione discoperta; conciossiache egli fu il primo, a cui sovvenne d’attribuire la cagione del votarsi de’ vasi, da una tal determinata altezza in su, sopra il livello inferiore del fluido, all’equilibrio delle pressioni, cioè dell’esterna dell’aria, come fluida, pesante, e compressa, coll’interna dell’altro fluido dentro al vaso, che si equilibrano fra di loro, in altezze perpendicolari, reciprocamente proporzionali alle loro gravità in ispecie.

In questi nobilissimi, e giovevoli studi impiegato il Torricelli, non si saziando giammai di sempre nuove, ed ammirabili verità andare investigando nella Natura, le lodi, che da per tutto venivano date alla sua


c 2 virtù,