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Sono passati tanti, tanti anni! Il babbo non legge più il Clasio e il posto di Guido è vuoto. Per un tacito accordo, il suo nome non è mai pronunziato.

Spesso la mamma interrompe il suo eterno lavoro a maglia e dice:

— Dovresti divagarti, Gemma...andare al teatro...

— Il mio posto è accanto a te, rispondo e li. — Parliamo pochissimo, ma c’intendiamo sempre.

Una sera, la pigionale del secondo piano venne a raccontarci il fatto d’un giovinetto discolo che sedotto da perfidi amici, aveva lasciato la casa paterna e, come Guido, se n’era fuggito lontano lontano, al di là dei monti.

La mamma faceva sforzi inauditi per non piangere e ci riuscì. Ma quando la pigionale ci ebbe lasciate, si alzò e andò in camera. Io le corsi dietro. Sapevo pur troppo quel che andava a fare. Aprì l’armadio e da un involto che sapeva di tanfo, tirò fuori un vestitino bianco, ingiallito dal tempo. Io nascosi il viso tra le mani e la mamma balbettò, piangendo dirottamente:

— Oh Guido, Guidino, perchè non sei morto?