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Pagina:Lezioni elementari di numismatica antica.djvu/39

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Tutte le quattro monete riguardano quel M. Giunio Bruto, che uccise Giulio Cesare, e quindi a mano armata sostenne contro di Ottaviano il partito della Libertà, finchè perì dopo la battaglia di Filippi. La prima ne offre da un lato uno de’ primarj difensori dell’antica Roma, cioè quel Giunio Bruto, che scacciato il Re Tarquinio Superbo da Roma, v’introdusse la Libertà, dal quale poi quest’altro Bruto ereditò il nome; e Servilio Aala, che uccise di mano propria quel Spurio Melio, che a forzar di astuti raggiri tendeva alla Signoria della Città. La seconda ha da un lato la testa del nostro M. Bruto di magro aspetto, come la storia lo descrive; e dall’altro quella di Lucio Bruto primo Console, che si procacciò per l’espulsione de’ Tarquinj una tale dignità in ricompensa. La corona quercea allude alla vita de’ Cittadini in senso morale salvata dalla tirannia. La terza mostra il rito, con cui comparivano i Consoli in pubblico. I Littori, e l’Accenso erano ministri di giustizia, che appartenevano alla carica Consolare. La quarta allude all’uccisione di G. Cesare. La iscrizione EID. MAR. dinota le idi di Marzo, nelle quali accadde quella sanguinosa Tragedia. La Berretta era il simbolo della Libertà.

„Testa di Mercurio. C. MAMIL. LIMETAN. Ulisse in piedi in abito corto da viaggio col bastone, col cane a’ piedi, che gli fa festa, (tav. 2. n. 17.)„

Secondo la relazione di Omero voleva Ulisse ritornare dopo 20. anni di assenza ad Itaca come incognito. Si travestì perciò da povero pellegrino, e si tenne sconosciuto a chiunque. Il solo di lui cane detto Argus pur lo conobbe, e accolse festoso l’antico padrone. C. Mamilio n’espose il tipo sulla moneta, pretendendo essere disceso da quell’Eroe.

„L. PLAVTIVS, Maschera muliebre con chioma intrecciata di serpi. PLANCVS. L’aurora alata conduce fuori i 4. cavalli del sole. (tav. 2. n. 18.)„

I Tibicini, de’ quali era costume presso i Romani il valersi nelle pubbliche feste, essendo stati oltraggiati dal Censore Appio Claudio, si trasferirono da Roma a Tivoli. Ma poiché i Romani mal ne soffrivano la privazione, l’altro Censore Plauzio seppe astutamente farli tornare indietro. Andò pertanto a Tivoli, fece con essi amicizia, gl’invitò ad un pranzo, e gl’impegnò tant’oltre la notte a bere, che eglino alla fine più non sapevano che si fosse di