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quinto cantare 163

2.
Gli estremi non fur mai degni di lode:
Ci vuol la via di mezzo; e chi ha cervello,
Se vere o false novitadi egli ode,
A crederle al compagno va bel bello:
Le crede, s'elle son fondate e sode;
Ma s'elle star non possono a martello,
Non le gabella1 mica di leggieri,
Come fa il Duca2 a certi messaggieri.
3.
Ma perchè chi m'ascolta intenda bene,
Tornare a Martinazza mi bisogna:
La qual dianzi lasciai, se vi sovviene,
Che in sul Caprinfernal, pigra carogna,
Quel popolaccio ha aggiunto e lo ritiene
Dal fuggir via con tanta sua vergogna;
Perchè, quando per lei la raffigura,
Rallenta il corso e piscia la paura.
4.
E quivi, coll'affanno in sulla pena3,
Tutto lamenti, condoglienze e strida,
Tremando forte come una vermena,
La prega, perchè in lei molto confida
E perchè addosso giunta gli è la piena
E lì tra lor non è capo nè guida,
A far in mo', se si può far di manco,
Ch'ei non s'abbia4 a cacciar la spada al fianco.

  1. St. 2. Gabellare. Ammettere una cosa; dalla gabella delle porte. (Nota transclusa da pagina 229)
  2. Il duca. Baldone. (Nota transclusa da pagina 229)
  3. St. 4. In su la pena. L’affanno del correre aggiunto alla paura. (Nota transclusa da pagina 229)
  4. Ch'ei non s’abbia a trar dal fodero la spada che è al fianco. (Nota transclusa da pagina 229)