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settimo cantare 249

20.
Mentre si china, dando il culo a leva,
E’ fece un capitombolo nell’acqua;
Ond’avvien ch’una volta ei l’acqua beva
Sopra del vin, che mai per altro annacqua.
Quanto di buon si è, che s’ei voleva
Lavare i panni, il corpo anche risciacqua:
E divien l’acqua sì fetente e gialla,
Che i pesci vengon tutti quanti a galla.
21.
Le regole ben tutte a lui son note,
Che insegnò, per nuotar bene, il Romano1:
Distende il corpo, gonfie fa le gote.
Molto annaspa col piede e colla mano.
Intanto si conduce fra le ruote,
Che fan girando macinare il grano;
Ben se n’avvede, e già mette a entrata2
Di macinarsi, e fare una stiacciata.
22.
In questo che il meschin già si presume
D’andar a far la cena alle ranocchie,
Aprir vede una porta, e in chiaro lume
Sventolar drappi e campeggiar conocchie;
Chè le Naiadi ninfe di quel fiume,
Coronate di giunchi e di pannocchie3,
Corrono ad aiutarlo, infin ch’a riva,
Là dove il dì riluce in salvo arriva.

  1. St. 21. Il romano fu uno stufaiuolo, che insegnava nuotare alla gioventù fiorentina. (Nota transclusa da pagina 323)
  2. Mette a entrata. Tien per certo; dall’allibrare a entrata che fanno i computisti il danaro ricevuto. (Nota transclusa da pagina 323)
  3. St. 22. Pannocchie. Spighe della saggina, panico e simili. (Nota transclusa da pagina 323)