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settimo cantare 255

38.
Ove condotto e messolo in sul letto,
Il medico ne venne e lo speziale,
Chiamati a visitarlo; ma in effetto
Anch’essi non conobbero il suo male.
Disperato alla fin di ciò Brunetto
Col gomito appoggiato in sul guanciale,
A cald’occhi piangendo più che mai:
Io vo saper, dicea, quel che tu hai.
39.
Ei che vagheggia sotto alle lenzuola
Il gentil volto e le dorate chiome,
Nè anche gli risponde una parola
Non che gli voglia dir nè che nè come.
Replica quello e seccassi la gola;
Lo fruga, tira e chiamalo per nome:
Ed ei pianta una vigna1 e nulla sente;
Pur tanto l’altro fa, ch’ei si risente.
40.
Dicendo: fratel mio, se tu mi vuoi
Quel ben che tu dicei volermi a sacca,
Non mi dar noia, va’ pe’ fatti tuoi,
Perchè il mio mal non è male da biacca2;
Al quale ad ogni mo’ trovar non puoi
Un rimedio che vaglia una patacca;
Perch’egli è stravagante ed alla moda3,
Chè non se ne rinvien capo nè coda.

  1. St. 39. Pianta una vigna. Non bada affatto, perchè è tutto assorto nel suo pensiero, come il contadino nel piantar la vigna. (Nota transclusa da pagina 325)
  2. St. 40. La biacca adoperavasi come rimedio esterno per leggerissimi mali. (Nota transclusa da pagina 325)
  3. Alla moda. Ciò che incomincia a venire in moda è insolito e strano. (Nota transclusa da pagina 325)