Pagina:Lorenzo Mascheroni - Poesie edite ed inedite, Pavia, 1823.djvu/50

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     155Le occhiute leggerissime farfalle
     Onor d’erbose rive; a i caldi soli
     Uscir dal carcer trasformate, e breve
     Ebbero il dono della terza vita.
     Questa suggeva il timo, e questa il croco,
     160Non altramente che da l’auree carte
     De’ tesori dircei tu cogli il fiore.
     Questa col capo folgorante l’ombre
     Rompe a l’ignudo american che in traccia
     Notturno va de l’appiattata fera.

165E voi non tacerò, voi di dolci acque
     Celeri figli, e di salati stagni:
     Te, delfin vispo, cui del vicin nembo
     Fama non dubbio accorgimento diede,
     E pietà quasi umana, e senso al canto;
     170Te che di lunga spada armato il muso
     Guizzi qual dardo, e le balene assalti;
     Te che al sol tocco di tue membra inermi,
     Di subita mirabile percossa
     L’avido pescator stendi sul lido.
     175Ardirò ancor tinta d’orrore esporre
     A i cupidi occhi tuoi diversa scena,