Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/275

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selva seconda 269

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     O inimica memoria tenace,
che innanzi agli occhi quel bel tempo mette!
O piú cruda speranza mia fallace,
che questo e meglio ancora al cuor promette!
Né però veggo quel che sol mi piace,
né tornon quelle luce benedette:
l’un occhio indrieto e l’altro innanzi mira,
e ’l cor irato e stanco ognor sospira.

65

     Perché seguite, o pensier vani e folli,
tante volte ingannati, ancor costei?
ed io piú stolto a che seguir voi volli?
Deh, fermatevi, o stanchi pensier miei!
Piú tosto eleggo star con gli occhi molli,
e gridar l’ora mille volte «omei»
in doglia, in foco il tempo che m’avanza,
e morir poi, che vivere in speranza.

66

     Almen, se la memoria il disio punge,
dinanzi al core il ver mi rappresenta:
ma questa vana fugge in breve a lunge,
ché, se t’appressi, piú lontan diventa.
Fugge di tempo in tempo e mai non giunge:
sperando e desiando, il cor tormenta.
Amor, che sempre in compagnia la mena,
cosí dipinge questa dolce pena.

                                                                           67           Descrizione della Speranza.

     È una donna di statura immensa:
la cima de’ capelli al ciel par monti;
formata e vestita è di nebbia densa;
abita il sonimo de’ piú alti monti.
Se, i nugoli guardando, un forma e pensa
nòve forme veder d’animal pronti,
che ’l vento muta e poi di novo finge;
cosí Amor questa vana dipinge.