Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.1, Laterza, 1913.djvu/54

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48 ii - comento sopra alcuni de’ suoi sonetti

e tormento insopportabile, piú e manco secondo la grandezza dell’amore. E però presupponendo che il cuore non sia pervenuto alla perfezione di questa beatitudine e dolcezza, bisogna confessare il cuore sia gravemente tormentato, perché il cuore ha per obietto quella beatitudine, della quale è privato, ma gli occhi, l’ufficio de’ quali è vedere, tanto sono piú felici, quanto veggono cosa piú bella; e ciascuna cosa tanto pare agli occhi piú bella, quanto è maggiore l’amore, cioè il desiderio del cuore. Perché, se l’amore è grande, necessariamente conviene che la bellezza o sia o paia agli occhi grande: altrimenti non sarebbe amore, cioè il desiderio della bellezza. Adunque si conchiude per una medesima cagione gli occhi essere tanto piú felici, quanto il cuore è piú misero, pigliando questi termini largamente, cioè il cuore come sede e luogo della concupiscibile, cioè nel quale nascono tutti i desidèri, e gli occhi, non in quanto sono senso, perché come senso proprio ed esteriore non possono giudicare la bellezza d’una cosa o d’un’altra; e però bisogna per gli occhi intendere l’operazione dell’animo nostro, che opera mediante gli occhi, e quel contento e piacere che sente per mezzo dello strumento degli occhi, quando per rapporto loro giudica una cosa bella e piglia per questo consolazione e conforto. Parla adunque nel presente sonetto il cuore agli occhi miei, mostrando l’afflizione e miseria in che si truova, come vuole Amore, e il diletto che pel male suo sentono gli occhi, mostrando prima il male suo, e poi il loro diletto. La miseria del cuore è questa: che lui sempre desidera quello che e’ non possiede, né aggiugne a quell’effetto e fine, il quale lui piú brama e disia d’un desio antiquo ed inveterato. Ma gli occhi non solamente veggono l’obietto loro, cioè gli occhi e la bellezza della donna mia, ma veggono la piú bella ed eccellente cosa che e’ possino vedere, cioè la donna mia, perché nessuna cosa può tanto desiderare il cuore quanto lei. E dal desiderio suo nasce la maggiore bellezza della donna mia, la quale è tanto piú bella e perfetta, quanto è maggiore la doglia del cuore, cioè il desiderio d’essa per le ragioni che abbiamo dette. Risponde di poi a una tacita contradizione che li potria