Pagina:Lorenzo de' Medici - Opere, vol.2, Laterza, 1914.djvu/182

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176 xiv - simposio ovvero i beoni

     Innanzi ch’io uscissi delle mura,
in modo tal mi son ben provveduto
ch’io posso un pezzo star teco alla dura. — 30
     E nel parlar e’ mi venne veduto
duo torri; ma nel mover che faciéno,
vidi ch’io ero inver poco avveduto.
     Volsimi al duca d’ammirazion pieno,
e dissi: — Io credo in qua venghi la porta,35
non so se animali o uomin siéno. —
     Disse ’l mio duca a me: — Or ti conforta;
perch’e’ sien grandi, e’ non son da temere,
perché non son brigata molto accorta.
     Quel butterato si chiama Uliviere;40
e l’altro e il nostro Appollon Baldovino;
dissimil come grandi, eccetto al bere. —
     E come l’un di lor fu piú vicino,
disse ’l mio duca: — O caro Appollon mio,
férmati, ché se’ stracco pel cammino:45
     attienti questa volta al parer mio. —
E lui rispose gargagliando in modo
che intender nol potemmo il sere ed io.
     E, mentre che di lor vista mi godo,
quel primo si spurgò sí forte un tratto50
e con tanta abbondanza, che ancor l’odo.
     Disse’ l mio duca: — Ve’ quel ch’egli ha fatto,
or ch’egli ha sete; e però pensar déi
quel che fará, se berrá qualche tratto.
     I sua non son frullin, ma giubilei:55
e sa’ tu che per ridere o parlare
non perde tempo; e giá pruova ne fei. —
     Odi, lettor: non ti maravigliare,
s’io dico quel che avvenne con timore;
che sare’ me’ tacer che ritrattare.60
     Come fu giunto in terra quell’umore
del fiero sputo, nell’arido smalto
unissi insieme l’umido e ’l calore: