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xvi - canti carnascialeschi 243

iv

Canzona degli innestatori.


     Donne, noi siam maestri d’innestare;
in ogni modo lo sappiam ben fare.
     Se volete imparar questa nostr’arte,
noi ve la mostreremo a parte a parte,
e’ non bisogna molti studi o carte:
le cose naturali ognun sa fare.
     L’arbor che innesti fa’ sia giovinetto,
tenero, lungo, sanza nodi, schietto;
dilicato di buccia, bello e netto,
quando comincia a muovere e gittare.
     Segalo poi e fa’ pel mezzo un fesso:
la mazza in ordin sia un terzo o presso;
stretto quanto tu pòi ve lo arai messo,
purché la buccia non facci scoppiare.
     Cosí quanto si può drento si pigne,
con un buon salcio poi si lega e cigne,
e l’una buccia con l’altra si strigne,
cosí gli umor si posson mescolare.
     Sanza fendere ancor fassi e s’appicca:
con man la buccia gentilmente spicca
sanza intaccarla, e poi la marza ficca;
tra buccia e buccia strigni e lascia fare.
     Per quando piove molto ben si fascia;
cosí fasciato, qualche dí si lascia:
chi lo sfasciassi allora e’ non c’è grascia,
che non facessi la marza sdegnare.
     Chi vuol buon olio ancor gli ulivi innesti;
e mele e fichi fansi grossi e presti:
veggo che ’l modo intender voi vorresti;
ma voi il sapete, e fateci parlare.