Pagina:Loti - Pescatori d'Islanda.djvu/137

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E quelle parole, dette semplicemente dalle sue labbra selvaggie, pareva avessero davvero il suono dell’eternità. Ella si appoggiava al braccio di lui; nell’incanto del suo sogno compiuto, si stringeva a lui — sempre inquieta — sentendolo fuggitivo come un grande uccello del mare..... Domani avrebbe preso il largo.... E per questa prima volta era troppo tardi e non poteva impedirglielo...

Da quei sentieri — dove essi camminavano, si dominava tutto il paese marino che sembrava essere senza riparo, tappezzato di ginestre rade e seminate di pietre.

Le casette dei pescatori erano posate qua e là sulle roccie con i loro vecchi muri di granito, i loro tetti di paglia, molto gobbi, alti e verdi per lo spuntar del muschio; e, nell’estremo lontano, il mare, come una grande visione diafana, descriveva il suo cerchio immenso ed eterno, che aveva l’aria di avviluppare tutto.

Ella si divertiva a raccontargli le cose stupefacenti e meravigliose di Parigi, di quel Parigi dove era ’stata; ma egli, sdegnoso, non vi s’interessava.

— Così lontano dalla costa — diceva egli — e tante case, tanta gente, Dio mio come deve essere malsano..... Vi debbono essere delle cattive malattie in quella città; no, non vorrei vivere là dentro, certamente no.

Ed ella sorrideva, meravigliandosi come, quel giovanotto fosse così fanciullo e così ingenuo.

Qualche volta si cacciavano in sentieri pieni di alberi alti che bloccavano tutto, ed allora non avevano più alcuna veduta. Per terra vi erano delle foglie morte, delle ginestre verdi, ma tutto era più scuro, tra quegli alberi, con qualche casupola nera e solitaria, crollante di vecchiezza che dormiva là in fondo; e sempre qualche crocefisso si drizzava in alto avanti di loro fra i rami morti, col suo gran Cristo di legno cadaverico, dall’aria di dolore infinito. In seguito il sentiero saliva e di nuovo dominavano gli orizzonti immensi, ritornando l’aria vivificamente delle alture e del mare.