Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/168

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lucifero

Già tapina esular di terra in terra
255Veggio tra le fugate ombre la Fede;
Con flagello di foco insta, ed incalza
Lucifero; lo scherno odo e il sogghigno
Dell’incredule genti; e s’io qui resto
D’ozj vulgari e di silenzio avvolto,
260Qui tra poco vedrem superbo e forte
Sorger sopra il mio trono il mio rivale! ―
    Tal parla Iddio, mentre a la pia fanciulla,
Fra il disinganno incerta e la paura
L’anima balza, e si scompiglia il senno.
265Tutta a un punto scomposta il volto e ’l crine
Rompe in subite risa; il lembo estremo
Delle candide vesti in su la bella
Testa rivolge, e così a mezzo ignuda,
Una strana canzon canterellando,
270Per la reggia del ciel sgambetta, e ride.
    Chiuso fra tanto nei suoi sdegni, in traccia
Di libere contrade, ove tra umani
Esperimenti, all’ultimo trionfo
Del suo pensiero ali più salde acquisti,
275L’incarnato demonio al mar s’affida.
Nè d’Albíone il tetro aere, o le cupe
Arti cercò, per cui rigida e avvinta
Nei suoi ferrei statuti il mar governa;
Ma a voi, genti d’Iberia, a voi, tenaci
280Stirpi, all’onor di libertà ridèste,
Dal magnanimo cor volse un saluto.
— Voi felici, esclamò, quando su’l dorso
D’un ignifero pin credeasi ai flutti,
Voi più volte felici, ove, le impronte
285Ire dimesse e le civili erinni,
Tutte verrete a far corona e scudo
Al sabaudo monarca! Ai suoi governi
Arti oblique e venali armi, riparo



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