Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/227

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canto undecimo

Per far la scena a voi stessi più viva,
Al collo vostro appunterà il coltello!

    E tu d’irti istríoni orda cattiva,
Che vendi e insozzi il sofoclèo coturno,
830E vai d’oro superba e d’onor priva,

    Smetti il traffico vil, per cui l’eburno
Trono dell’Arte e i sacrosanti altari
Covo son fatti a fornicar diurno.

    Varcan per opra tua montagne e mari
835Le più turpi di Gallia ibride Muse,
Che lor facil beltà dan per danari;

    E involgendo la colpa in auree scuse,
Coronando di fior chimere e mostri,
Scroccan l’applauso delle turbe illuse.

    840Stolte! nè san, che da quei sozzi inchiostri
Spandesi intorno sì mortal mefite,
Ch’alma e braccio prostrando ai figli nostri,
    Li farà indegni delle glorie avite! —

Tal suonava il responso. Impallidîro
845Donne e poeti, e si guardâr negli occhi
Taciti, irrequieti. Arse di sdegno
L’altera alma d’Egeria; arse pur ella
La florívola Bice, a cui la punta
Della mal tollerata ira risveglia
850Le isteriche trambasce e invola i sensi;
Arser su tutte inviperite e fiere
Antigone e Sofia, coppia gemella
D’emancipate amazzoni. Ribolle
Nelle lor vene il maschio sangue; in fronte
855Dell’audace stranier figgon gli sguardi
Sinistramente; e certo avrían quel giorno
D’un gran fatto illustrato il nome oscuro,
Ove Olimpio non era: ei le contenne
Subitamente, e con gentile, ardito



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