Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/248

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lucifero

Se l’un nell’altro insanguinò l’artiglio,
Roma lo sa; lo sanno
495Dell’Elba i flutti e il Reno ancor vermiglio.
    Troppo fra voi di servo e di tiranno
Voce sonò: gli avelli
Son anco aperti, ed ancor vivo è il danno.
    Ma se i miei sensi al ver non son ribelli,
500Io qui da questa sponda
Secura griderò: Siete fratelli!
    Là sul vasto altipian radice e fronda
Pose l’aríana antica
Pianta, che fu di molti fior feconda;
    505E se il turbo la svelse, e la nemica
Sorte ne infranse i molti
Rami, i germi educò la terra amica;
    Onde sott’altro ciel giovani e folti
Sorser mutati, e fûro
510Da inconscia man moltiplicati e còlti.
    O gente cieca, a cui pur l’oggi è oscuro
Voi dell’aríana pianta
Siete due rami, in faccia al Ver lo giuro.
    L’un s’infrondò su’l Campidoglio, e in tanta
515Arbore al ciel mutossi,
Che cadde alfin dal proprio peso affranta.
    Tal su l’altro di nembi ira sfrenossi,
Che le pigre ombre e ’l gelo
Fuggendo e da pugnace indole mossi,
    520I suoi fieri cultor sott’altro cielo
Ruppero, e fûro al corso
Tigri, e demonj al fulminar del telo.
    Serrate, o stolti, all’ire orrende il morso;
E più dei truci acciari
525Abbia nel vostro cor punta il rimorso!



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