Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/312

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lucifero

A questa vecchia golpe senza coda
Vien pizzicor di farsi anacoreta!
440Ma fa’ il piacer, Lucifero! Son donna,
Son figlia d’Eva, e non son senza macchia
Come la madre di Gesù: codesta
Mascheraccia d’apostolo su’l muso
Non ti sta, credi a me: cangiati in serpe
445Piuttosto; ed io farò, come Dio vuole,
Il sagrificio di mangiare il pomo! —
    Così dicea, ma seminate al vento
Si disperdean le lubriche parole.
    Visto il colpo fallir, nè di salute
450Più sperando altra via, fuori ad un tratto
Dagli agguati sbucò la tortuosa
Anima del Lojola, e si gittando
Di traverso all’eroe: — Salvami, grida,
O gloríoso arcangelo! Per te,
455Non già per Dio, sovra la terra io tesi
La rete mia! — Volea più dir, ma come
Non crudel passeggero, a cui di sotto
Venga un turpe scorpion, che velenosi
Lascia i morsi ove tocchi, immantinente
460Alza il piede e lo schiaccia; in simil guisa,
Sporgendo il labbro, e torto altrove il viso,
Piantò il piede Lucifero sul tergo
Del supplice maligno, il qual diè un sordo
Tonfo, e scoppiò, tutto ammorbando intorno
465Di putida mefite il ciel sereno.
    Questo fu il segno della strage. Appena
Del lor duce la fin videro i Santi,
Tutti uscîr dagli agguati a la rinfusa,
Tal che frotta parean di saltellanti
470Locuste ingorde, cui la fiamma incalza
Più vorace di lor. Più volte indarno
Una mano d’audaci angeli e santi



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