Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/60

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lucifero

Questi, ch’io noto con parlar fugace,
Inclito Prometèo, son, tra’ maggiori
325Fatti per cui l’uman genere avanza,
I maggiori e più illustri; e d’essi al raggio
La speme del mio cor s’accende e cresce.
Me più volte cacciò nei tenebrosi
Baratri il Dio, che al fatal giorno è presso,
330Ma invitto sempre ad altre prove io sorsi,
E all’estrema mi accingo, or che cotanto
Spazia nel Ver dell’uman genio il volo.
Però ti piaccia udir, come appuntando
L’uomo industre e tenace il vario ingegno
335Or d’Iside nel grembo or di sè stesso,
Utili veri alla sua vita invenne.
Qual dirò prima o poi? Correa su’ ciechi
Flutti il nocchiero, e nulla al dubbio corso
Guida costante gli reggea la prora,
340Fuor che l’Orsa malfida e il vario sole:
Mal securo ei fuggia gli alti, e la riva
Con vigile tenendo occhio, il nemico
Nembo tremava, che rapíagli il cielo.
Ma poi che la virtù primo conobbe
345Del commisto magnete, il qual sospinto,
Da un istinto d’amor, volgesi al polo,
Un sottil, ben temprato ago ne trasse;
Mobilmente il librò sovra un diritto
Fil d’intrepido ottone; entro una cava
350Ciotola il custodì tutta di puro
Rame, e co’l guardo al ben costrutto ordigno,
Diede all’agile prua certo il governo.
Così per mari inesplorati, in traccia
D’un pensier che parea sogno e deliro,
355T’affidavi, o Colombo; e intenta e certa,
Più della punta del sottil congegno,
Ch’oltre ai nembi scorgea l’artiche nevi,



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