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Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/64

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lucifero

Di questa forza onnipossente, occulta
Entro al sen delle cose e di sè stesso,
L’uom si avvisò meravigliando; e poi
Che al vulgare stupor, che inerte ammira,
440L’acuto esame operator successe,
L’ignea virtù, la doppia indole, i fatti
Ne investigò, ne misurò; gli azzurri
Dardi, per via di ben composti ingegni
Costringendo, ne accrebbe, e di tal guisa
445Al suo nume obbligò l’etereo foco,
Che il fulmine del ciel, già paventosa
Arma di Dio, terror dell’uomo e morte,
Dell’umano pensier schiavo s’è fatto.
Affascinato dalla tenue punta
450D’un magnetico stil, che su dai colmi
Aerei tetti a vertice s’inalza,
Giù dalle nubi rovinar tu il mira
Con fragore innocente, e sotto al cenno
Del tranquillo mortal cercar gli abissi.
455Qui di doppio metal sorger tu vedi
Piccioletta colonna, a cui di pila
Dà nome il mondo. Di frequenti, alterne
Piastrelle, altre d’argento, altre di zinco,
Fra cui molle di salsa onda si spiega
460L’indocile all’elettro olida lana,
Con modesto artificio essa è costrutta.
Dentro ai vari elementi, in questa forma
Sovrapposti e congiunti, in un momento
Per innata virtù svolgesi e guizza
465L’elettrica corrente; ai poli avversi
S’urta inqueta, s’aduna, e quindi e quinci
Svanirebbe per l’aria inutilmente,
Se ai due lati non fosse un magistero
Di metallici stami, in cui bentosto
470La fulgurea scintilla entra, e propagasi



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