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Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/76

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lucifero

195Merciajolo di Sira; e borbottando
Per l’erma notte altre più ree parole,
Riattizza la pipa: in fosche e spesse
Nugole fuor dalle sonanti labbra
Sbuca il putido fumo, e con sinistro
200Gorgoglío geme la tartarea canna.
Ma di lui men feroce, in su la china
De le valli fiorite, allor che intera
Guarda l’estiva luna entro lo specchio
De le chete fontane, e a le tranquille
205Brezze dei monti flettono la cima
L’arsicce mèssi e i moribondi fiori,
Men feroce di lui fermasi e guata
Il giovinetto pastorel, che vide
Un dì nella pensosa ora dei vespri
210Vaga passar di sotto ai pergolati
Dell’aerea magione una bellissima
Immagin di fanciulla, e non sa forse
Il semplicetto mandrían, se cosa
Fosse di sogno, o di mortal figura
215Non fallace apparenza. Entro al pensiero
Quella leggiadra visíon tuttora
Vagolando gli nuota, a quella forma
Che vediam nella verde onda d’un lago
D’un astro ignoto tremolar l’aspetto,
220E ne par forse innamorato e mesto
Spirto, dannato ad abitar quell’acque.
Sui disfatti scaglioni il giovinetto
Presso il fonte si asside, e la stanchezza
Dei lunghi giorni e la stagion cocente
225Trova scusa all’indugio. Aura, che spiri
Fra le vergini rose e le perenni
Edere delle siepi, or tu gli reca
Le suavi armonie, ch’usa in quest’ora
Derivar da la dolce arpa l’ignota



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