Pagina:Lucifero (Mario Rapisardi).djvu/86

Da Wikisource.

lucifero


    Ella il vede, ella il sente: ad una ad una
Fan le audaci parole a lei ritorno,
Qual nel tiepido ottobre all’ora bruna
20Tornan le pecchie argute al lor soggiorno;
Ecco, ei le parla della sua fortuna,
Muto or la guarda, or le si asside intorno;
Ed ella, a par di bianca aerea face,
Trema a quei detti, e d’ascoltar le piace.

    25Sorse alfine; e dell’ombre impazíente
Gli opposti vetri alle fresche aure aperse.
Diradavasi il cielo ultimo, e lente
Cedevano al mattin le stelle avverse;
Un zeffiro gentil dall’oríente
30Le vaghe ali movea di brina asperse,
E dalle screzíate, umide aiuole
Dolci olezzi traea, dolci parole.

    Diceva all’aura il fiore: — Aura pietosa,
Che mi porti le brine alme e vivaci,
35Deh! per poco su me l’ali riposa
L’ali dolci così, così fugaci;
Tu in sen mi svegli ogni virtù nascosa;
Son mia vita ed amor solo i tuoi baci;
Deh! se posar non puoi rompi il mio stelo;
40Che teco io venga a spazíar pe’l cielo! —

    — Sorgi, dicea con lamentevol grido
Presso alla rosa il tenero usignolo;
Quanto bella sei tu, tanto io son fido,
Quanto lieta sei tu, tanto io son solo.
45Già il candido mattin sorge dal lido,
E tu sorgi così dal tuo bocciòlo;
Tu il vago olezzo, il vago inno io t’invio;
Tu sei l’amore, e l’armonia son io. —



— 82 —