Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/121

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di Tito Lucrezio Lib. VI. 107

     Ch’ei nell’acque si tuffa, e con tremendo
     665Fremito a fluttuar le sforza, e tutto
     Agita, e turba di Nettuno il regno.
Succede ancor, che se medesmo avvolga
     Il vortice ventoso infra le nubi
     Dell’aria, i semi lor radendo, e quasi
     670Emulo sia del prestere suddetto.
     Questi giunto ch’è in terra, in un momento
     Si dissipa, e di turbo, e di procella
     Vomita d’ogn’intorno impeto immane;
     Ma perch’ei veramente assai di rado
     675Nasce, e forza è, che in terra ostino i monti,
     Quinci avvien, che più spesso appar nell’ampia
     Prospettiva dell’onde, e a cielo aperto
Crescon poscia le nubi allor che in questo
     Ampio spazio del ciel, ch’aer si chiama,
     680Volando molti corpi aspri e scabrosi
     D’improvviso s’accozzano in sì fatta
     Guisa, che leggiermente avviluppati.
     Star fra lor nondimen possono avvinti.
     Questi primieramente alcune picciole
     685Nubi soglion formar, che poscia in varie
     Guise insieme s’apprendono, e congiungono,
     E congiunte s’accrescono, e s’ingrossano;
     E da’ venti cacciate in aria scorrono,
     Finchè nembo crudel ne insorga, e strepiti.
     690Sappi ancor, che de’ monti il sommo giogo