Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/130

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116 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Ove scorron tant’acque, e d’ogn’intorno
     Scende ogni fiume. Aggiunger dei le piogge
     910Vaganti, e le volubili tempeste,
     Che tutto il mar, tutta irrigar la terra
     Sogliono. Aggiunger puoi le fonti; e pure
     Fia ’l tutto a gran fatica appo l’immenso
     Pelago in aggrandirlo una sol goccia.
     915Stupor dunque non è, che il mar non cresca.
In oltre di continuo il sol ne rade
     Gran parte: che asciugar l’umide vesti
     Con gli ardenti suoi raggi il sol si scorge.
     Ma di pelago stese in ogni clima
     920Veggiam campagne smisurate; e quindi,
     Benchè da ciascun luogo il sol delibi
     D’umor, quanto vuoi poco, in sì gran tratto
     Forz’è pur, ch’ampiamente involi all’onde.
Arrogi a ciò, ch’una gran parte i venti
     925Ponno in alto levarne, allor ch’il piano
     Spazzan del mar, poichè ben spesso in una
     Notte le vie veggiam seccarsi, e il molle
     Fango apprendersi tutto in dure croste.
In oltre, io sopra t’insegnai, che molto
     930Ergon anche d’umor l’aeree nubi
     Da lor dal vasto pelago concetto;
     E di tutto quest’ampio orbe terrestre
     Spargonlo in ogni parte, allor che in terra
     Piove, e che seco il vento i nembi porta.