Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/164

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150 di Tito Lucrezio Lib. VI.

     Mendicità, più che dal morbo, oppressi
     S’arrendeano alla morte. Ivi mirarsi
     Potean su i figli estinti i genitori
     Cader privi di vita; ed all’incontro
     1830Spesso de’ cari pegni i corpi lassi
     Sovra i padri, e le madri esalar l’alma.
Nè di sì grave mal picciola parte
     Concorse allor dalle vicine ville
     Nella città: quivi ’l portò la copia
     1835De’ languidi villan, che vi convenne
     D’ogni parte appestata. Era già pieno
     Ogni luogo, ogni albergo; onde augustiati
     Da sì fatte strettezze ognor più crude
     La morte allor gli accumulava monti.
     1840Molti da grave insopportabil sete
     Aspramente abbattuti il proprio corpo
     Gian voltolando per le strade, e giunti
     A i bramati silani, ivi distesi
     Giaceansi ’n abbandono, e con ingorde
     1845Brame nel dolce umor bevean la morte.
     E molte anche, oltre a ciò, vedute avresti
     Per le pubbliche vie miseramente
     D’ogn’intorno perir languide membra
     D’uomini semivivi, orride e sozze
     1850Di funesto squallore, e ricoperte
     Di vilissimi stracci, immonde e brutte
     D’ogni lordura, e con l’arsiccia pelle