Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/173

Da Wikisource.

Lib. I. Fav. II. 159

     Sconvolse la città; sicchè del retto
     Santo primier costume il fren le tolse,
     5Nè guari andò, che le fazion s’uniro,
     E fer Signor Pisistrato. La grave
     Lor servitude i cittadin’ piangendo;
     Non già perchè crudel fosse costui,
     Ma chi avvezzo non è, mal soffre il giogo:
     10Raccontò questa novelluccia Esopo.
Sciolte da servitude eran le Rane;
     Quando d’aver un re vogliose, a Giove
     Con tai grida il richieser, ch’e’ ridendo,
     Un picciol travicelio a lor destina.
     15Lo strepito che fa ne l’improvviso
     Cader, sgomenta il pauroso gregge.
     Ma poichè lungo tempo impantanato
     Giaceva, da lo stagno chetamente
     Una alza a caso il capo, il guata; e l’altre
     20Aduna, e mostra il rege: arditamente
     Salgonvi sopra a gara, e dopo averlo
     D’ogni feccia imbrattato, ambasciatori
     Spediro a Giove, tal sovran chiedendo,
     Che con la forza i rei costumi affreni,
     25Se quello far noi puote. Immantinente
     Lor manda Giove un Idro, che a lo stagno
     Giunto appena, le ingoja ad una ad una.
     Vorrian fuggire; ma il timor le arresta,
     Nè dà lor campo ad implorar mercede.