Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/191

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Lib. I. Fav. XXIX. 177

     Rapì a la Volpe, e a i figli suoi nel nido
     5Li diè in cibo: la prega l’altra indarno,
     Poichè l’augel, cui la sublime cima
     Rendea sicuro, i preghi altrui non cura.
     La Volpe, che sue preci ir vede a vuoto,
     Da l’altare una fiaccola rapita,
     10Tutto di fiamme l’albero circonda;
     E la morte de’ figli a lei minaccia.
     L’augel cui de la prole il rischio affanna,
     Supplice i Vulpicin’ salvi le rende.


FAVOLA   XXIX.

L’Asino mottegiatore del Cignale.

GLi stolti co’ motteggi un piacer lieve
     Cercando, fanno altrui villana offesa,
     Ed espongon se stessi a rio periglio.
          * Col Cignale incontratosi un Giumento,
     5Buon dì fratel, gli dice. Egli il saluto
     Rigetta, e d’onde e’ fia fratel gli chiede?
     Almen (l’Asin risponde, estratto il pene)
     Se in altro par che a te non rassomigli,
     Questo mi par al ceffo tuo simile.
     10Assalir lo volea, e farlo in brani
     Il Cignale; ma pur l’ira rattenne;