Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/243

Da Wikisource.

Lib. IV. Fav. XXI. 229

     S’accinge a far ritorno, e al mar s’affida.
     10Tal legno ascende, cui sdruscito, fera
     Tempesta in mezzo a l’onde, e fiede, ed apre.
     Chi ciò ch’have di prezzo, e chi il danajo
     De la vita sostegno, al seno stringe.
     Un saccente: Simonide, deh nulla
     15Di tue ricchezze prendi? Il tutto ho meco.
     Rari scampan nuotando; i più sommerge
     Il grave peso, e ciò che pur rimane,
     Tolto lor da ladron’, restano ignudi.
     Clazomene in buon punto era vicina,
     20Cittade antica, e là drizzan suoi passi.
     Uom de le Muse amico, che in gran pregio,
     Ed in ammirazion have Simonide,
     Di cui frequente leggea i carmi, in esso
     S’avviene, e appena il suo parlar lo addita,
     25Ch’avidissimamente a se lo tragge,
     E vesti, e soldo, e servi a lui destina.
     Con la tabella il vitto accattan gli altri.
     In essi a caso s’incontrò il Poeta,
     E meco, disse, ecco se tutto io serbo,
     30De le cose rapite a voi che resta?