Pagina:Lucrezio e Fedro.djvu/56

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42 di Tito Lucrezio Lib. V.

1095Torna la vaga primavera, e seco
     Venere torna, e messaggier di Venere
     Zeffiro alato, e l’orme sue precorre,
     Cui la madre de’ fior tutta cosperge
     La strada innanzi di color novelli,
     1100Bianchi, gialli, vermigli, azzurri, e misti,
     E di soavi odor l’aere riempie.
     Quindi nel luogo suo l’arida estate
     Succede, e per compagna ha l’alma Cerere
     Sparsa di polve il crine, e il soffio Etesio
     1105Del rigido aquilon. Quindi l’autunno
     Segue, ed in un con lui l’Evio Evo è?
     Quindi l’altre stagioni, e quindi gli altri
     Venti, e Volturno altitonante, ed austro
     Cinto di nembi, e turbini sonori.
     1110La bruma al fin reca le nevi e il pigro
     Ghiaccio n’apporta: e strepitando il verno
     Giunge, e le membra altrui sforza a gelarsi.
     Non è dunque stupor, se in certo tempo
     Muore, ed in certo tempo anco rinasce
     1115La luna, poichè pur creansi al mondo
     Tante, e sì varie cose in certo tempo.
Ma del sol parimente, e della luna
     Creder dei, che l’ecclisse in varj modi
     Possa avvenir: che per qual causa il lume
     1120Del sole a noi può tor la luna, e molto
     Da noi lungi offuscarlo, interponendo