Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/166

Da Wikisource.
338 di Tito Lucrezio Lib. III.

     475E degna degli Dei vita non viva.
Così fatta natura è sparsa adunque
     Pe ’l corpo, e ’l custodisce, e lo conservar
     Poichè l’anima, e ’l corpo han le radici
     Sì strettamente avviticchiate insieme,
     480Che impossibil mi par, che possan l’une
     Dall’altre esser divelte, e che il composto
     Ratto a morte non corra. E quale appunto
     Mal si può dall’incenso estrar l’odore
     Senza ch’ei pera, e si corrompa affatto;
     485Tal dell’alma, e dell’animo l’essenza
     Mal diveller si può dal nostro corpo
     Senza ch’ei muoja, e si dissolva il tutto:
     Così fin dall’origine primiera
     Create son d’avviluppati semi
     490Le predette nature, ed han comune
     Fra lor la vita; nè capir si puote,
     Come nulla sentir possano i corpi
     Dalle menti divisi; o pur le menti
     Separate da i corpi: ond’è pur d’uopo,
     495Che di moti comuni, e quinci, e quindi
     Per le viscere a noi s’accenda il senso.
In oltre non si genera, nè cresce
     Mai per se stesso il corpo; e d’alma privo
     Tosto s’imputridisce e si corrompe.
     500Poichè quantunque il molle umor dell’acque
     Perda spesso il sapor, che gli fu dato,