Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/169

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di Tito Lucrezio Lib. III. 141

     Quanti bastano a noi per generare
     I moti sensitivi entro alle membra:
     Poichè talvolta non sentiam la polve,
     Nè la creta aderente al nostro corpo,
     560Nè la nebbia notturna, nè le tele
     De’ ragni, allor che nel gir loro incontro
     Vi restiamo irretiti, nè la spoglia
     De’ suddetti animai, quando su ’l capo
     Ci casca, nè le piume degli uccelli,
     565Nè de’ cardi spinosi i fior volanti,
     Che per soverchia leggerezza in giuso
     Caggion difficilmente: e non sentiamo
     Il cheto andar degli animai, che repono,
     Nè tutti ad uno ad uno i segni impressi
     570In noi dalle zanzare. In cotal guisa
     D’uopo è, che molti genitali corpi
     Movansi per le membra, ove son misti,
     Pria che dell’alma gli acquistati semi
     Possan disgiunti per sì grande spazio
     575Sentire, e martellando urtarsi, unirsi,
     E saltare a vicenda in varie parti.
Ma viepiù della vita i chiostri serra,
     E più ne regge, e signoreggia i sensi
     L’animo in noi, che l’energia dell’alma.
     580Conciossiachè dell’alma alcuna parte
     Non può per alcun tempo, ancorchè breve,
     Riseder senza mente entro alle membra;