Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/202

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174 di Tito Lucrezio Lib. III.

     Fussimo generati, alcun trascorso
     Secolo antico dell’eterno tempo
     A noi nulla appartenne. Or questo adunque
     1450Specchio natura innanzi a gli occhi nostri
     Pose, acciò quivi un simulacro vero
     Rimiran dell’età, che finalmente
     Dee seguir dopo morte. Ivi apparisce
     Nulla forse o d’orribile, o di mesto?
     1455Forse non d’ogni sonno alto, e profondo
     È più sicuro il tutto? in vita, in vita
     Si patisce da noi ciascun tormento,
     Che l’anime cruciar nel basso inferno
     Credon gli sciocchi. Tantalo infelice
     1460Non teme il grave ed imminente sasso
     Come fama di lui parla e ragiona;
     Ma ben sono i mortali in vita oppressi
     Dal timor degli Dei cieco e bugiardo;
     E paventan ognor quella caduta,
     1465Che lor la sorte appresta; Erra chi pensa,
     Che Tizio giaccia in Acheronte, e sempre
     Pasca del proprio cor l’augel vorace;
     Nè per cercar lo smisurato petto
     Con somma diligenza unqua potrebbe
     1470L’avoltojo trovar cibo, che fosse
     Bastante a saziar l’avido rostro
     Eternamente. E sia quantunque immane
     Tizio, e non pur con le distese membra