Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/218

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190 di Tito Lucrezio Lib. IV.

     205Che le nubi talor miransi in alto
     Facilmente accozzarsi, e la serena
     Faccia turbar del mondo, e’l cielo intanto
     Lenir co’l moto: conciossiachè spesso
     Ne sembra di veder per l’aere errando
     210Volar giganti smisurati, e l’ombra
     Distender largamente, e spesso ancora
     Gran monti, e sassi da gran monti svelti
     Precorrere, e seguir del sole i raggi;
     E belve al fin di non ben noto aspetto
     215Trar seco, e generar nembi, e tempeste.
Or quanto agevolmente, e come presto
     Sian generati, e dalle cose esalino
     Perpetuamente, e sdrucciolando cedano,
     Tu quindi apprendi: poichè sempre in pronto
     220Ogni estremo è de’ corpi, onde si possa
     Vibrare; e quando all’altre cose arriva,
     Le penetra, e le passa; e ciò gli avviene
     Principalmente in quelle vesti urtando,
     Che inteste son di sottil filo, e raro:
     225Ma se ne’ rozzi sassi, o nell’opaco
     Legno percote, ivi si spezza in guisa,
     Che simolacro alçun non puote a gli occhi
     Rappresentar. Ma se gli fieno opposti
     Corpi lucidi, e densi, in quella guisa,
     230Che sovra ogni altro di cristallo terso
     E di forbito acciar sono gli specchi,