Pagina:Lucrezio e Fedro I.djvu/239

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di Tito Lucrezio Lib. IV. 211

     Un continuo parlar, che cominciando
     Dal primo albor della nascente aurora
     Duri insino alla cieca ombra notturna,
     775Massime s’egli è sparso in larga vena
     Con altissime strida. Egli è pur forza
     Dunque, ch’ogni parola, ed ogni voce
     Corporea sia; poichè parlando l’uomo,
     Sempre del corpo suo perde una parte;
     780Nè conforme simìl possono i semi
     Penetrar nell’orecchie, allor che mugge
     La tromba, o ’l corno in murmure depresso,
     Ed allor che morendo al canto snoda
     La lingua il bianco cigno, e di soavi,
     785Benchè flebili voci empie le valli
     Del canoro Elicona, ove già nacque.
     Dunque da noi son certamente espresse
     Le voci in un co ’l corpo, e fuor mandate
     Con dritta bocca. La dedalea lingua.
     790Variamente movendosi gli accenti
     Articola, e la forma delle labbra
     Dà forma in parte alle parole anch’essa.
     Dall’asprezza de’ semi è poi creata
     L’asprezza della voce, e parimente
     795Il levor dal levor. Che se per lungo
     Spazio correr non dee prima che possa
     Penetrar nell’orecchie, ogni parola
     Si sente articolata, e si distingue


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