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Pagina:Luigi Barzini. Sotto la tenda.djvu/38

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gli è un vecchio mokhazni, uno di quei caratteristici soldati della cavalleria imperiale, superbi nell’ampio burnus bianco e fra i drappeggi dei loro leggeri ksa — quei manti che nella furia del galoppo si sollevano e formano una nube di svolazzi candidi, — insomma uno di quei cavalieri che corrono la fantasia in tutte le pitture e in tutte le incisioni relative al Marocco. Dukhali mi era stato dato per scorta e per guida da Sid Hagi Mohammed El-Torres, commissario imperiale e rappresentava nella carovana la autorità governativa. Egli parla spagnuolo come un Morisco redivivo, e nel suo vecchio fronte pensoso e raccolto si direbbe che debba rimanere ancora un crepuscolare ricordo dell’Andalusia abbandonata. In marcia precedeva tutti, forte sull’alta sella rossa ornata d’argento, i piedi oscillanti nelle ampie staffe damaschinate, il fucile attraverso l’arcione. Non v’è pietra, sentiero, ruscello, o tribù del Marocco che non sia noto a quest’uomo. Ad ogni mzala Selham Dukhali s’avanzava dignitosamente e mostrava alle guardie il kiteb-resmi.

Gli uomini della nzala salutavano con ossequio, ci auguravano la pace, la protezione divina, la riuscita della nostra impresa, la prosperità, e molte altre cose, e in cambio si contentavano di chiedere una piccola mancia che il capo