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Pagina:Luigi Barzini. Sotto la tenda.djvu/41

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multo di montagne, come una disordinata cavalcata di Titani, che va a precipitarsi a picco nel mare dall’estrema punta, di fronte a Gibilterra, quasi che l’Africa avesse lanciato avanti un’avanguardia di roccie per raggiungere l’Europa. Questi monti, alti e dirupati sul Mediterraneo, digradano mollemente verso l’Atlantico accompagnando, direi quasi scortando, in numerevoli corsi d’acqua che scendono ad inverdire le ultime collinette ed i piani nei quali si spegne tutto il movimento orografico del paese. Tale regione, non più alpestre, ma il cui profilo è ancora tutto ondulato e vario, è il Khlot.

Nel nome stesso vi è un non so che di rude che pare, al suono, la designazione d’una cosa selvaggia. Il Khlot, non è ancora fertile per gli uomini. Esso dispone a capriccio della sua fecondità, e si copre della splendida ed arruffata veste delle terre ricche ed incolte. Vicino a Tangeri vi sono dei villaggi bordati di aloe gigantesche — simili a strane bestie dai tentacoli grigi, muscolosi e unghiati — e quei gruppi di misere abitazioni coperte di sterpi rappresentano il primo attaccarsi al suolo di popolazioni nomadi, la nascita di una agricoltura. Intorno s’infoltiscono gruppi d’alberi fruttiferi, e ondeggiano al vento le