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Pagina:Luigi Barzini. Sotto la tenda.djvu/59

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mili quanto amava la meditazione, Sidi Bu Mghaitz, ebbe ragione di scegliere questi luoghi per trascinarvi le catene della esistenza umana. I suoi simili però, indiscreti, venivano in folla a chiedere la sua benedizione, finchè il buon santo si decise ad isolarsi di più, e morì. E fu un grande miracolo la sua morte, poichè egli ne predisse il giorno e l’ora con una esattezza che ai nostri tempi è una prerogativa dei soli suicidi. La sua Kubba – la tomba dei santi marocchini – leva la sua cupoletta candida fra le asperità della costa, allo sbocco d’una valletta, ed è oggetto di un culto speciale per le tribù del Khlot. Esse vanno una volta all’anno a farvi un così chiassoso pellegrinaggio, che il corpo di Sidi Bu Mghaitz, tanto amante della solitudine, deve pentirsi d’aver fatto il miracolo di morire, il quale gl’impedisce di compire un altro miracolo: quello di fuggire. Dopo la Kubba di Bu Mghaitz (cioè di "papà Mghaitz»), la solenne monotonia della costa è rotta, alla foce d’un fiumiciattolo il –il Wad el-Sebs – da un meraviglioso boschetto d’oleandri giganteschi che chiudono con il loro folto fogliame un delizioso e fresco rifugio, una specie di grande caverna verde in mezzo alla quale mormora una limpida sorgente. In fondo all’acqua si agita pigramente una tartaruga, che non