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tra lo stelvio e il tonale 101


Taciturni e serî, partono in fila indiana dai loro attendamenti, e salgono, salgono, col loro passo eguale, lento, misurato da montanari, verso le cime, qualunque sia il tempo. Ogni ricognizione è una lotta contro gli elementi. Per bruciare un rifugio austriaco s’inerpicano tutta una notte, legati a cordate marciano sulle nevi con una temperatura di dieci, di quattordici gradi sotto zero, valicano crepacci tenebrosi, sfidano cento volte la morte, e tornano raggianti di una contentezza raccolta e silenziosa, carichi di bottino. L’austriaco è per loro il nemico meno temibile dopo aver vinto la montagna.

Quando lasciano in basso le ultime zone verdi, si fanno gravi. Risalgono spesso gole e passi che hanno una fama paurosa, come la valle Gavia disseminata di croci, che i soldati passando salutano. Ogni croce ricorda una vittima. Santa Caterina sembra l’ultimo limite del mondo abitabile. Al di là tutto si fa truce e smorto, non vi sono più colori, e la zona di operazione, il nostro fronte, è un caos bianco e grigio che sfuma in alto in un pallore d’irrealtà.

Verso il Tonale la favolosa barriera dei ghiacciai s’interrompe, la linea seghettata delle vette degrada, si abbassa, lascia un’insellatura, poi, più al sud, riprende, si risolleva, e si imbianca di nuovo delle nevi eterne dell’Adamello. Per l’insellatura la strada rotabile della Valcamonica balza tortuosa con lunghi giri, guiz-