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152 una maestosa battaglia di fortezze


tagna, fin dove l’abete intristisce nei crepacci e fra minuscoli cespugli cinerei fiorisce l’edelweiss, il fiore del freddo, il fiore in pelliccia bianca. I nostri soldati ne fanno raccolta, e la posta porta innumerevoli fiori delle Alpi alle case italiane. Nella foschia, nella penombra nebbiosa delle vette, quasi sempre sfiorate dalle nubi, s’intravvedono baraccamenti che sorgono, e il martellare lieto del lavoro, accompagnato da canti d’ogni regione, echeggia nell’aria fredda.

Si ridiscende al tepore della ridente valle di Cismon, dove tutto ò quieto. Guerriglia di pattuglie sulle montagne, al nord, ai piedi delle prodigiose muraglie dolomitiche della Pala di San Martino, immani, grige, inverosimili. I nostri soldati si spingono in esplorazione fino ai passi che il nemico guarda. È la lotta di agguati e di sorprese che abbiamo conosciuto sulla Valfurva e nella valle Daona.

Il combattimento più importante avvenne al ritorno di una esplorazione. Trenta alpini erano aspettati da cinquanta nemici appiattati nel folto di un bosco di abeti. Era la sera. I nostri, vicini ormai all’accampamento, marciavano incolonnati in un sentiero. Il nemico fece fuoco a cinquanta metri. La prima scarica fu micidiale. Gli ufficiali nostri caddero. Ma i soldati non si persero d’animo: manovrarono, si distesero in ordine di combattimento, e, appostati dietro gli alberi e tra i macigni d’un