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nare ad una immagine che può dare una visione sommaria dei luoghi, ricordiamo che la cresta di Luznica appare da lontano la fronte nel profilo umano della montagna. La lotta fu ostinata, il progresso lento. Si combatteva delle ore per il possesso di un masso, di una sporgenza, di un incavo. L’artiglieria austriaca batteva sui nostri da levante. L’artiglieria italiana batteva sul nemico da ponente. La roccia fu così tempestata dalle granate che si coprì a macchie di un colore rossiccio di sfaldature, vivace e muovo. Per questo forse la cresta è riconosciuta ora dai soldati col nome di Monte Rosso.

La lotta continuò il 23 luglio. Conquistammo al nemico i punti più avanzati. Il 24 gli austriaci tentarono di riprenderli. Dopo un lungo e intenso bombardamento sferrarono tre assalti consecutivi. Furono respinti. Il 25 riprendemmo l’attacco. Il 26 tutte le vette erano nelle nubi; si combatteva in una nebbia folta e gelata, senza vedersi. L’assalto nostro arrivò al bordo di un gigantesco reticolato, di fronte ad una formidabile trincea. Gli alpini si radicarono lì.

L’artiglieria quel giorno era muta; quando il sole ricomparve i due avversari erano troppo vicini perchè il cannone osasse intervenire. Ed ora, alla metà del crestone, i trinceramenti si fronteggiano ancora, a pochi passi l’uno dall’altro, con un solo reticolato fra loro, un reti-