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GUERRA D’ASSEDIO INTORNO A GORIZIA.
UN ATTO DI SUBLIME SACRIFICIO.

2 ottobre.

Abbiamo visto Gorizia dalla vetta del Corada, che si erge quasi di fronte a Plava. Contro alla luce del sole già alto, le montagne ai cui piedi la città si distende parevano fatte d’ombra azzurra, glauche come onde. La più alta, il Monte Santo, si acuminava nel campanile del suo santuario, antica mèta di pellegrinaggi. La tortuosa strada che vi sale da Gorizia sull’altro versante, e che noi non potevamo scorgere, ha una cappella votiva ad ogni svolta, una chiesuola ad ogni giro, una croce ad ogni passo, e da quattro mesi non vede salire che cannoni austriaci. Quel monte della preghiera è diventato la più formidabile delle fortezze, tutta vita di artiglierie introvabili che il bosco nasconde.

La schiena del Sabotino, vicino a lei, si allungava e si sollevava di scorcio come la groppa di un cavallo che s’impenni, coperta da un finimento di trincee: verso il collo le austriache, sulle reni le nostre. In un lungo scintillìo, in una voluta di luce che si spegneva