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386 sull'isonzo e sul carso


la pianura e ne comanda ogni approccio. Come le nostre truppe hanno potuto avvicinarlo, come hanno potuto attraversare il fiume sotto ai suoi cannoni, forzare il passo, salire all’assalto, insediarsi sul ciglione? L’immane spalto di pietra è stato preso per un miracolo di abilità, di pertinacia, di eroismo.

L’Isonzo è stato varcato a viva forza sotto alla fucileria e alle cannonate, col nemico trincerato di fronte, a poche centinaia di metri. Più volte i nostri ponti appena gettati sono stati distrutti dalle granate. Mancato un tentativo si ricominciava. Si è preso piede sulla riva sinistra a poco a poco in virtù di un’audacia inflessibile, tenace, magnifica. Il passaggio dell’Isonzo è uno dei fatti più meravigliosi nella storia delle guerre.

Oltre alla difficoltà che è nella disposizione del terreno, oltre alla preparazione del nemico, avevamo contro di noi una ostilità imprevedibile di circostanze. Il fiume stesso pareva cospirasse ai nostri danni. Mentre stavamo per tentare il primo passaggio, l’Isonzo si mise in piena. Il piccolo corso d’acqua veloce e chiaro divenne una immensa fiumana vorticosa e torbida. Le piene dell’Isonzo sono impetuose e subitanee. Fu allora che i ponti di Caporetto vennero travolti isolando i nostri reparti che salivano alla conquista del Monte Nero.

Ecco la ragione di una sosta delle operazioni nel basso Isonzo dopo il primo slancio