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errori e difetti dell’emigrazione italiana 163


nieraccio». In forma amichevole gringo si cambia in gringuito. Spesso invece è seguito da un immondo qualificativo decentemente intraducibile e pure tanto comune laggiù, che pare non abbia altro scopo che di riportare la parola gringo all'antico ingiurioso significato.

Un argentino si offende se viene chiamato gringo. Tutti gl'Italiani indistintamente sono gringos. L'appellativo è usato correntemente. Dei gringos il più dispregiato è il tano. Tano è la corruzione di «napoletano». Tutti i meridionali sono «tani». Questa parola non è molto usata nelle classi decentes; se ne fa abuso nel volgo, specialmente della campagna. Siccome i poveri emigranti meridionali, calabresi, abruzzesi, napoletani, siciliani, sono i più miseri e i più incolti, la parola tano poco a poco è venuta a designare l'ultimo gradino dell'umiltà umana. Dire tano è come dire «miserabile!» Di questa parola non esiste un vezzeggiativo in tanito: tano è sempre dispregiativo assoluto. L'Argentino irritato vi dice in faccia gringo: irato vi grida tano. Ciò significa che le parole equivalenti a italiano e napoletano occupano un posto nel vocabolario delle ingiurie. E il nostro orgoglio non ne può essere lusingato.

Nel teatro criollo, che è una derivazione recente dell'antico teatro spagnolo, s'incontra spesso il tano. Come in tutti i teatri primitivi i caratteri dei personaggi rimangono stereotipati attraverso le diverse commedie, formando quasi delle maschere; fra queste maschere il tano fornisce il diversivo allegro; è burlato da tutti, parla a strafalcioni; è un po' il «servo sciocco» delle antiche scene italiane, ma più servo e più sciocco, per di più ladro e.... bastonato. Questo solo basterebbe a farci comprendere la strana depressione del nostro prestigio.